lunedì 4 aprile 2011

Elio, Via dei Gas Nobili 2

2011 Anno Internazionale della Chimica

Con questo bel nome, l'elio, con peso atomico 4, è il secondo elemento come abbondanza nell'universo, subito dopo l'idrogeno, da cui è preceduto anche nella tabella periodica degli elementi. Tuttavia sulla superficie della Terra l'elio è abbastanza scarso, tanto è vero che appartiene alla serie dei gas rari --- elio, neon, argon, cripto, xeno e radon --- chiamati anche gas nobili perché non reagiscono quasi per niente con altri elementi, cioè, come i nobili, non amano mischiarsi con la gente comune.

Nonostante tanta spocchia l'elio rappresenta un gas tecnico di grande importanza commerciale. L'elio è stato scoperto per la prima volta nel 1868 sul Sole (per questo gli è stato dato il nome della nostra stella) attraverso l'analisi spettrografica della radiazione solare, quasi contemporaneamente dall’astronomo Pierre Janssen (1836-1920) e dagli inglesi Norman Lockyer (1836-1920) e Edward Frankland (1825-1829). Il fisico italiano Luigi Palmieri (1807-1896) fu il primo a riconoscere la presenza dell’elio sulla Terra analizzando per via spettroscopica la lava del Vesuvio. Più tardi Sir William Ramsey (1852-1916) isolò il gas elio da un minerale contenente uranio. L'elio si forma infatti, ma anche questo sarebbe stato chiarito dopo, dall'uranio e dal torio che, nel loro decadimento radioattivo, emettono una o più particelle alfa, che sono nuclei di elio.

Poiché, peraltro, l'elio è un gas molto leggero, tende a sfuggire all'attrazione terrestre, per cui attualmente la sua concentrazione di equilibrio nell'atmosfera --- come risultato del bilancio fra quello che si libera continuamente dagli elementi radioattivi della crosta terrestre e quello che sfugge negli spazi interplanetari --- è bassissima, di circa 5,2 parti per milione, pari a 0,0005 per cento.

Nel 1903 è stato scoperto che il gas naturale di un giacimento del Kansas conteneva circa il 2 % di elio e nel 1908 l'elio è stato ottenuto allo stato liquido, raffreddando il gas alla bassissima temperatura di 4 gradi Kelvin, pari a 269 gradi Celsius sotto zero. La produzione industriale dell'elio è cominciata negli Stati Uniti, durante la prima guerra mondiale: il gas veniva usato per riempire i dirigibili, essendo leggero e non infiammabile. Gli altri paesi riempivano i dirigibili con gas idrogeno che è molto infiammabile e pericoloso, e anzi la mancanza di elio, al di fuori degli Stati Uniti, ha portato al rapido declino dei trasporti con il mezzo più leggero dell'aria, riempito con idrogeno. L'ultima catastrofe, l'incendio dell'idrogeno del dirigibile tedesco Hindenburg al suo arrivo in America nel 1937, ha segnato un declino di questo mezzo di trasporto.

Nel frattempo sono state trovate molte importanti applicazioni tecniche e anche militari dell'elio, la cui produzione è andata aumentando, soprattutto dagli anni quaranta del Novecento. Negli Stati Uniti l'elio viene recuperato da campi metaniferi, soprattutto nel Texas, che contengono metano con una concentrazione fra lo 0,2 e l'uno per cento. Le applicazioni attuali dell'elio vanno dalla saldatura, in atmosfera priva di ossigeno, di materiali e leghe ossidabili, alla produzione del freddo a bassissima temperatura, per esempio nel campo dell'elettronica e dei superconduttori (i materiali che consentono di trasportare l'elettricità, a bassissima temperatura con pochissime perdite di energia); l'elio viene inoltre impiegato per eliminare materiali infiammabili dai serbatoi, in laboratorio per le gascromatografie e per il riempimento di bombole per sommozzatori. Tali bombole non possono contenere aria (78 % di azoto e 21 % di ossigeno) e vengono invece riempite con una miscela di ossigeno e elio, altrettanto inerte come l'azoto, ma molto più leggero.

Il principale impiego è comunque ancora per rifornire i dirigibili usati a fini turistici o per sopralluoghi o ispezioni dall’alto. La Goodyear, che possiede alcuni di tali dirigibili, ciascuno contenente circa 5000 metri cibi di elio, ne acquista da sola da 250 a 500 metri cubi all’anno.
La produzione mondiale di elio si aggira (2009) intorno a 170 milioni di m3, di cui 80 sono prodotti negli Stati Uniti dal gas naturale e 45 sono estratti da un grande deposito governativo sotterraneo che si trova a Cliffside, nel Texas, gestito dal governo degli Stati Uniti. Altri produttori di elio dal gas naturale sono l’Algeria e il Qatar.

Idrogeno

2011 Anno Internazionale della Chimica

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Nella città degli elementi chimici l’idrogeno è così pieno di superbia che abita in un villino per conto suo, all’ingresso delle strade principali. Ha peso atomico uno e convive con due fratelli, aventi peso atomico 2, il deuterio, e 3, il trizio. L’idrogeno rappresenta circa il 70 % di tutta la materia esistente nell’universo; era abbondante anche sulla Terra, naturalmente, 40 milioni di secoli fa, da solo o combinato con l’azoto sotto forma di ammoniaca H3N, con il carbonio sotto forma di metano H4C, o con l’ossigeno sotto forma di acqua H2O. Dal momento che era il gas più leggero, a poco a poco come tale si è perso negli spazi interplanetari ed è stato spiazzato dall’ossigeno; i suoi composti se ne sono liberati trasformandosi in azoto gassoso, in ossido di carbonio e anidride carbonica e l’idrogeno è rimasto combinato nell’acqua e ha comunque continuato a dominare gli eventi terrestri.

L’idrogeno reagendo con altro ossigeno ha generato enormi quantità di acqua, liquida e vapore in un lungo gran diluvio; nel frattempo si è andato combinando con il carbonio, l’ossigeno e l’azoto formando carboidrati, grassi e proteine, le pietre costitutive della vita che senza idrogeno non potrebbe esistere; per questo si da tante arie. Di idrogeno ci sono riserve enormi sul pianeta: l'acqua ne contiene l'undici per cento; i prodotti petroliferi (benzina, gasolio, eccetera) ne contengono dal 10 al 15 percento; il metano (il principale costituente del gas naturale) ne contiene il 25 %.

L’idrogeno gassoso cominciò ad essere prodotto artificialmente già agli inizi del 16° secolo trattando i metalli con acidi forti. Henry Cavendish (1731-1810) è stato il primo a riconoscere che l’idrogeno era una sostanza unica e che, bruciando, produce acqua, una proprietà per la quale gli è stato dato il nome che in greco significa, appunto, generatore di acqua. Oggi l’idrogeno si ottiene, insieme all’ossido di carbonio, trattando il carbone ad alta temperatura con vapore d’acqua, o, più comunemente, per elettrolisi dell’acqua o di soluzioni saline (è un sottoprodotto dell’industria della soda caustica).

Nel combinarsi con l’ossigeno, l’idrogeno libera grandi quantità di calore, a parità di peso tre o quattro volte più del carbone o del petrolio e ci sono molti che pensano di poterlo utilizzare come combustibile nelle centrali e negli autoveicoli. E’ certo possibile e ci sono automobili che funzionano bruciando idrogeno anche se è scomodo e pericoloso da trattare e deve essere tenuto in pesanti serbatoi sotto pressione che dovrebbero essere caricati sugli autoveicoli e sui treni; meglio sarebbe usare l'idrogeno per ottenere, con le "celle a combustibile", direttamente elettricità per azionare i veicoli. Purtroppo se si vuole usare idrogeno al posto della benzina bisogna tenere conto che l’idrogeno deve essere estratto dall’acqua mediante elettrolisi, o dagli idrocarburi portando via carbonio, con conseguente consumo di energia, anzi per ottenerlo ci vuole più energia di quella che l’idrogeno fornisce bruciando in un motore a scoppio. Una ”società dell’idrogeno” si potrebbe realizzare soltanto ricorrendo a fonti di elettricità rinnovabili, cioè all'energia idroelettrica, e a quella che si può ottenere dal Sole e dal vento, trasportata agli impianti di elettrolisi.

L’idrogeno ha molti usi industriali; è stato usato per alcuni anni per il riempimento dei dirigibili, fino al disastro del dirigibile Hindenburg che, nel 1937, esplose per l’incendio dell’idrogeno; oggi nei dirigibili al posto dell’idrogeno viene usato elio.

Il simbolo dell’idrogeno è “acca”, un nome purtroppo associato anche alle più terribili bombe nucleari, quelle termonucleari, che liberano grandissime quantità di energia esplosiva e devastante con una reazione basata sulla “fusione” di due nuclei di deuterio, l’isotopo 2 dell’idrogeno, la stessa reazione che avviene all’interno del Sole a qualche milione di gradi di temperatura.

Berillio, Via del Secondo Gruppo 4

2011 Anno Internazionale della Chimica

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Molti anni fa Isaac Asimov ha scritto una storia di fantascienza in cui racconta che un equipaggio spaziale è stato inviato su un pianeta apparentemente fertile, con condizioni simili a quelle terrestri, abbondante vita vegetale, che sembrava ideale per l'insediamento di una colonia umana, per scoprire la causa della morte misteriosa dei componenti di una spedizione precedente. La morte è risultata provocata da una malattia che si manifestava con una progressiva difficoltà di respirazione e che si era poi rivelata come dovuta all'alta concentrazione di berillio su tale pianeta.

La berillosi è effettivamente una nota malattia professionale che si manifesta con l'infiammazione dei polmoni che riduce o impedisce la respirazione. Alla berillosi, difficile da curare ma fortunatamente abbastanza rara, sono esposti i lavoratori di alcuni settori industriali che impiegano il metallo, le sue leghe e i suoi ossidi; in passato la berillosi si manifestava negli addetti alla fabbricazione delle lampade fluorescenti il cui interno era rivestito di ossido di berillio.

Il berillio --- il cui simbolo chimico è Be e il peso atomico è 9 --- è un metallo relativamente raro; nel corpo umano in media se ne trovano circa 0,03 mg; nei mari e negli oceani la concentrazione di questo elemento è di circa 0,03 mg per metro cubo; nelle rocce terrestri il contenuto medio di berillio è di circa 2 mg per tonnellata.

Per l'ottenimento industriale del metallo si parte da alcuni minerali, fra cui il berillo, un silicato di berillio e alluminio, che è anche usato come pietra preziosa e ornamentale. La varietà colorata di verde per la presenza di tracce di cromo prende il nome di smeraldo; la varietà dotata di un colore bleu pallido si chiama acquamarina.

I principali paesi produttori di minerali di berillio sono gli Stati Uniti e la Cina, con una produzione di circa 190 tonnellate allè’anno. Per estrarre il metallo i minerali ricchi di berillio sono scaldati ad alta temperatura e poi trattati con agenti chimici in modo da trasformare il berillio in fluoruro o in solfato, che sono solubili in acqua; dalle soluzioni viene separato, con processi chimici o fisici, o il metallo o l'idrato, da cui successivamente si prepara l'ossido.

Industrialmente il berillio è importante perché è l'unico metallo leggero (la sua massa volumica è di 1,85 g/cm3) dotato di un'elevata temperatura di fusione (oltre 1250 gradi Celsius) e perché non è attaccato né all'aria né dall'acqua, neanche ad alte temperature. Per esposizione all'aria si forma sulla superficie del berillio un leggero strato di ossido che protegge il metallo dal successivo attacco di agenti esterni.

Il berillio viene usato, in generale in lega con altri metalli, specialmente nelle leghe "leggere" con alluminio e magnesio, nell'industria aeronautica e spaziale per la sua elevata resistenza all'usura e per le sue doti di conducibilià termica. La sua lega col rame presenta elevata conducibilità elettrica ed è largamente usata nell'industria petrolifera per strumenti nei cui contatti non si devono formare scintille che potrebbero infiammare i gas combustibili.

Oltre che come metallo, il berillio è usato come ossido, una sostanza dotata di elevata temperatura di fusione, di elevata conducibilità termica e di bassa (a differenza del metallo) conducibilità elettrica. Trova perciò impiego negli isolatori elettrici e nei transistor di potenza. L'ossido di berillio viene usato anche nell'industria ceramica.

Il berillio ha la proprietà di non assorbire i neutroni, ma di rallentarne la velocità, per cui i fabbricanti di bombe nucleari e di centrali nucleari usano il berillio e il suo ossido per i contenitori del materiale fissile --- uranio o plutonio --- o come "moderatore". Proprio in una fabbrica militare di armi nucleari nell'Unione Sovietica si è avuta, nell'ottobre 1990, un'esplosione che ha gettato nell'aria una "nube" di ossido di berillio che ha contaminato la zona circostante, al confine con la Cina, e i suoi abitanti.

Il berillio ha anche interesse come indicatore geologico; oltre al berillio ordinario esiste un isotopo radioattivo, il berillio-10, che si forma dalla collisione dei raggi cosmici con i gas dell'alta atmosfera. Le analisi della concentrazione di berillio-10 nei ghiacci hanno mostrato che, negli ultimi due secoli, la concentrazione di tale isotopo è maggiore quando aumenta la "attività" del Sole, per cui la misura della sua concentrazione può fornire informazioni sulla storia climatica della Terra.

Cloro, Via degli Alogeni 17

2011 Anno Internazionale della Chimica

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Pochi elementi sono stati amati e odiati fervidamente come il cloro, Cl, elemento con peso atomico 35, abbondante in natura soprattutto perché combinato con il sodio nel comune e prezioso sale marino, indispensabile per l’alimentazione umana, per la conservazione della carne e delle pelli. Per millenni il cloro come elemento è rimasto nascosto, saldamente combinato col sodio; anche quando i chimici hanno scomposto il cloruro di sodio trattandolo con acido solforico, e hanno liberato l’acido cloridrico, il cloro è rimasto sconosciuto come elemento. E perfino il grande chimico svedese Carl Scheele (1742-1786), che lo produsse ossidando l’acido cloridrico con biossido di manganese, non capì che il gas che si liberava era un elemento. Ci sarebbe voluto l’inglese Humphry Davy (1778-1829) a riconoscere l’esistenza del cloro elementare il quale cominciò da allora una vita travagliata. Fu ben presto scoperto che poteva essere recuperato ossidando l’acido cloridrico, il sottoprodotto inquinante della produzione del carbonato di sodio col processo Leblanc, e trovò un mercato quando si scoprì che col cloro potevano essere disinfettate le acque e sbiancati i tessuti e la carta. Una volta conosciuto, il cloro si dimostrò adatto a trasformare molte sostanze organiche, destinate a varia sorte. Dapprima lodate, come nel caso del cloroformio che poteva sostituire con successo il pericoloso etere etilico come anestetico, poi riconosciuto dannoso; simile sorte toccò ai solventi clorurati, non infiammabili, che potevano sostituire la benzina nelle estrazioni dei grassi industriali e nel lavaggio industriale, ma anch’essi trovati cancerogeni

Ma il massimo dello scandalo si ebbe nella prima guerra mondiale quando le fertili menti dei chimici tedeschi scoprirono che il cloro gassoso poteva essere usato come gas asfissiante; a dire la verità lo usarono anche gli altri belligeranti ma al nome del tedesco Fritz Haber (1868-1934) è rimasta incollata l’infamia del primo uso di aggressivi chimici in guerra.

Da allora in avanti il cloro ha trovato crescenti impieghi nell’industria chimica, soprattutto nella chimica organica industriale, tanto da diventare un importante co-prodotto dell’industria elettrolitica che, partendo dal sale, produce, insieme, in quantità quasi uguali, idrato di sodio e cloro. Dovunque il cloro entrava in qualche molecola ne migliorava le caratteristiche, soprattutto rendendole ininfiammabili. Nacque così l’industria delle materie plastiche clorurate a base di cloruro di vinile, facilmente ottenibile dalla reazione del cloro con etilene. Il cloruro di vinile poteva essere facilmente trasformato in numerose resine poliviniliche che si dimostrarono di grande utilità per rivestimenti dei fili elettrici, tubi non corrosivi per acque, pellicole. Purtroppo per il cloro, ben presto, già negli anni cinquanta del Novecento, si è visto che il cloruro di vinile era un potente cancerogeno e quindi gli operai che lo producevano erano esposti a gravi rischi. Come se non bastasse, nell’incenerimento dei rifiuti contenenti cloruro di polivinile liberava il corrosivo acido cloridrico.

Il cloro continuava la sua corsa al successo entrando come ingrediente nella fabbricazione di potenti insetticidi e erbicidi, ma tale successo fu presto compromesso quando si scoprì che molti di questi erano non biodegradabili e persistenti e dai campi, disciolti nei grassi, arrivavano nel corpo degli animali e anche in quello umano. Salutato con entusiasmo per essere riuscito a sconfiggere la malaria in molte zone, il DDT, un insetticida contenente vari atomi di cloro nella molecole, si rivelò tossico e ne fu ridotto l’uso. Simile sorte ebbero altri erbicidi clorurati e il colpo mortale fu dato dalla scoperta che, durante il riscaldamento di qualsiasi molecola organica contenente cloro si formava un nuovo potente cancerogeno clorurato, la diossina. Nonostante tanti inconvenienti e contestazioni il cloro continua il suo pur contrastato cammino e nel mondo se ne producono ancora circa 70 milioni di tonnellate all’anno.