domenica 5 agosto 2012

SM 2866b -- Sono un nipote di Ciamician anch'io -- 2010


Giorgio Nebbia

L’Università come “famiglia” di studio e ricerca

Dal 16 al 18 settembre 2007 si è tenuto nell’Istituto Chimico dell’Università di Bologna un convegno in occasione del 150° anniversario della nascita del grande chimico Giacomo Ciamician (1857-1922) al quale è appunto intestato lo stesso Istituto Chimico. Gli atti sono stati pubblicati di recente, purtroppo difficilmente ottenibili (1) e il convegno è stato una occasione per ripercorrere alcune pagine della storia dell’Università e della chimica italiane, e anche per ricordare alcuni eventi della nascita dell’interesse per l’energia solare in Italia.

Ogni studioso, in particolare ogni chimico, conduce ricerche e si occupa di qualche argomento influenzato da altri studiosi. L’analisi delle “genealogie” culturali e scientifiche aiuta a comprendere i rapporti accademici, scientifici e anche umani --- simpatie e antipatie, gelosie, ricerca di priorità di una scoperta --- che legano la vita di chi lavora nei laboratori e nelle biblioteche. Ciò è tanto più vero quando ci si riferisce ad una grande personalità scientifica e testimone della vita civile del suo tempo, come Giacomo Ciamician (1857-1922).


Nel frattempo mi ero laureato (alla fine del 1949) in chimica a Bari discutendo una tesi sugli orbitali molecolari con Riccardo Ciusa (1877-1965), che insegnava chimica farmaceutica e chimica organica a Bari, altro allievo di Ciamician, di cui era stato assistente per molti anni a Bologna, e che era padre di Walter Ciusa di cui a mia volta sarei stato assistente per molti anni. Come si usava (in genere) allora, Ciusa padre volle che il figlio, chimico anche lui, insegnasse una disciplina diversa dalla sua e fu appunto assunto come assistente da Testoni.



In quegli anni cinquanta del Novecento erano ancora vive persone che si erano laureate con (o erano state assistenti di) Ciamician, per lo più sparse per l’Italia; a sua volta Ciamician era “figlio” degli studiosi e degli interessi scientifici del suo tempo. Come è stato ricordato da molti altri, Ciamician era nato nel 1857 a Trieste (allora parte dell’Impero austriaco) da famiglia di origine armena ed aveva studiato nelle scuole superiori dove la chimica era insegnata da Augusto Vierthaler che era anche un noto cultore di Merceologia, autore, con Giuseppe Carlo Bottura, di un trattato (Torino, UTET, 1875) che si trova in qualche biblioteca di Merceologia ancora oggi.


Lo studioso americano John Andraos, nel tentativo di ricostruire l’ “albero di Liebig”, propone una genealogia che lega Ciamician da una parte a Hugo Weidel, di Vienna, e dall’altra a Dumas, Piria e Cannizzaro. Di Cannizzaro Ciamician fu effettivamente assistente dal 1880 al 1887.

La “carriera” universitaria dei tempi andati

La ricostruzione di una genealogia di allievi di Ciamician offre anche l’occasione per un breve sguardo ad un mondo scomparso di rapporti accademici, ma anche umani, La “carriera” universitaria, dagli ultimi decenni dell’Ottocento fino alla prima metà del Novecento, era regolata dalla legge Casati che prevedeva vari livelli: si cominciava con la posizione di “assistente”, un impiego --- il numero di posti assegnati a ciascuna “cattedra” era limitato --- che si otteneva in seguito ad un concorso, non ricordo se nazionale o locale, e che, dopo un paio di anni di servizio, diventava stabile, di assistente “ordinario”.  Il ruolo degli assistenti è stato abolito nel 1980 con la “legge 382”. Esisteva anche una posizione di “assistente volontario”, mi pare senza limite di  numero, non retribuita, che talvolta apriva la porta al concorso per diventare assistente di ruolo. Gli assistenti volontari non avevano particolari obblighi e il titolo, in alcune professioni, era usato per far credere di avere un qualche prestigio universitario.

Molto importante era la “libera docenza”, una qualifica che si otteneva con un concorso pubblico nazionale per titoli ed esami; se un assistente di ruolo non otteneva la libera docenza entro dieci anni di servizio, era trasferito d’ufficio ad un posto di insegnante di ruolo in una scuola secondaria superiore. Il possesso della libera docenza era titolo per ottenere un insegnamento universitario “per incarico”, talvolta retribuito (poco), e dava diritto ad ottenere l’assegnazione di un “corso libero”, non retribuito e che gli studenti non erano tenuti a seguire; a dire la verità il titolo di “libero docente”, che consentiva di qualificarsi come “professore”, era molto ambito dai medici che con esso si presentavano ai pazienti con maggiore prestigio (e più elevate parcelle). Si perdeva il titolo di “libero” docente quando si era promossi professori di ruolo; la libera docenza è stata abolita nel 1980.

La maggior parte degli insegnamenti universitari, sempre fino agli anni sessanta del Novecento, era affidata “per incarico”, a liberi docenti o assistenti di ruolo o anche a professori di ruolo come carico didattico aggiuntivo, con un piccolo compenso; nei primi anni dopo la Liberazione i professori di ruolo erano circa tremila.

In tutti i decenni di attività di Ciamician e dei suoi allievi “una cattedra” universitaria si otteneva con un concorso nazionale, una dura competizione tanto che si usava dire che ”si vinceva” la cattedra; la commissione giudicatrice era costituita da cinque membri, professori di ruolo della disciplina o di discipline “affini”. Non ricordo come la commissione fosse nominata prima del, e durante il, fascismo, ma dopo la Liberazione la commissione era eletta dai colleghi delle stesse discipline. La commissione proponeva, a maggioranza o all’unanimità, una “terna” di vincitori; per alcuni concorrenti non inseriti nella terna dei vincitori la commissione poteva anche esprimere un giudizio di ”maturità” didattica e scientifica, di cui spesso tenevano conto (una specie di assicurazione sul futuro) le commissioni giudicatrici dei concorsi successivi. Il primo della terna dei vincitori aveva il diritto (e il dovere) di essere chiamato nella Università che aveva bandito il concorso e in tale Università doveva restare almeno tre anni; gli altri due inseriti nella terna cercavano di essere chiamati da altre Università. Mi sono soffermato su questi dettagli perché spiegano la mobilità che incontreremo anche nel caso degli allievi di Ciamician che hanno diffuso la sua maniera di essere in tante Università italiane.

Per una breve rassegna degli allievi di Ciamician  mi è stato utile un articolo scritto da Gino Secchi, che si era laureato a Bologna credo nell’ultimo anno di vita e di insegnamento di Ciamician, che vinse il concorso alla cattedra di Merceologia a Verona, negli anni sessanta, dopo aver lavorato a lungo nell’industria, e che ha scritto una affettuosa biografia di Ciamician pubblicata negli atti del II Convegno dei Chimici d’Italia, tenuto a Milano nell’ottobre 1962, con una dettagliata bibliografia degli scritti di Ciamician che aveva trovato nell’Istituto Chimico di Bologna.

Un breve sguardo agli altri allievi di Ciamician offre anche l’occasione per vedere l’influenza che il fascismo ebbe sugli eventi accademici. Tali allievi furono assistenti o diventarono professori universitari proprio nei due decenni dal 1922 al 1945 e le vicende di alcuni di essi sono descritte in un articolo “I chimici e il regime fascista” di Luigi Cerruti che considero il massimo conoscitore italiano di storia della chimica Luigi Cerruti www.minerva.unito.it/storia e i cui scritti ho utilizzato in molte occasioni per questo articolo. Molto utili sono stati anche gli scritti di Nicoletta Nicolini e la sua “prosopografia di chimici italiani”, in: http://w3.uniroma1.it/nicolini.

Alcuni “allievi” di Ciamician

Non inserirei fra gli allievi Raffaello Nasini (1854-1931), coetaneo e genero di Ciamician, che operò a Padova e fu più “fratello” accademico che allievo di Ciamician.
Fra quelli che si possono considerare allievi, la figura che emerge maggiormente è quella di Paolo Silber (1851-1932) che è stato collaboratore di Ciamician nel lungo proficuo lavoro sulla fotochimica oltre che su molte altre sostanze naturali, dal 1890 al 1914, quando Silber tornò in Austria. Silber tornò, dopo la prima guerra mondiale, in Italia ma non mi risulta che abbia ripreso la ricerca universitaria.

Degli “allievi” di Ciamician ricorderò soltanto alcuni con i quali ho avuto rapporti diretti o indiretti per aver studiato sui loro libri; in tali rapporti e libri credo si possa riconoscere l’impronta che Ciamician aveva lasciato, come rigore mitteleuropeo, precisione di esposizione e ampiezza di interessi, da quelli della chimica sperimentale a quelli per le applicazioni pratiche, “merceologiche”, direi, dei loro studi. Qui di seguito elenco in ordine alfabetico i nomi che ho trovato, fra quelli che figurano come autori di lavori insieme a Ciamician, scusandomi in anticipo per le molte omissioni di allievi e allievi-di-allievi, una genealogia che molti meglio di me potranno utilmente correggere, ampliare e completare:

Angelo Angeli (1864-1931)
Giuseppe Antonio Barbieri (1880-1956)
Giovanni Battista Boeris (1867-1946)
Giuseppe Bruni (1873-1946)
Livio Cambi (1885-1968)
Riccardo Ciusa (1877-1989)
Felice Garelli
Bruno Ghetti
Magnanini
Luigi Mascarelli (1877-1941)
G.M. Piccinini
Giuseppe Plancher (1870-1929)
Ciro Ravenna (1878-1944)
Enrico Rimini (1874-1917)
Giuseppe Testoni (1877-1957)
Carlo Umberto Zanetti (1861-1921)

A giudicare dalle date di nascita di questi studiosi, Ciamician aveva radunato intorno a se un gruppo di giovanotti che nel primo decennio del Novecento (quando Ciamician aveva un quarantina d’anni ed era nella stagione più proficua della sua vita) avevano una ventina d’anni meno del loro “maestro”. Anch’io avevo venti anni di meno del professore di cui sono stato assistente e questo era (è) forse una buona differenza di età per imparare a lavorare.

Angelo Angeli (1864-1931), laureato in Chimica nel 1891, fu nominato nel 1904 professore di Chimica farmaceutica a Palermo dove ebbe per assistenti Matteo Spica (1863-1924) e Francesco Angelico, divenuto nel 1917 professore di Chimica farmaceutica a Messina e poi a Palermo.

Giuseppe Antonio Barbieri (1889-1956) si era laureato con Ciamician nel 1904, libero docente nel 1906, era stato professore di Chimica Generale a Ferrara dal 1908 al 1925; nel 1925 si trasferì al Regio Istituto Superiore di Agraria (poi Facoltà di Agraria) di Bologna dove ebbe per assistente, fra gli altri, Carlo Ferrari che di Barbieri scrisse un necrologio.

Giovanni Battista Boeris (1867-1946) dopo avere lavorato con Ciamician su alcuni problemi di chimica organica nell’ultimo decennio del 1800, diventò professore a Parma e nel 1905 fu chiamato a Bologna a insegnare Mineralogia.

Giuseppe Bruni (1873-1946) fu uno studioso, guida di numerosi scienziati e autore di un celebre trattato (chiamato dagli studenti familiarmente “il Bruni”) su cui si sono formati tantissimi chimici.

Fra gli allievi di Bruni si possono ricordare Giorgio Renato Levi (1895-1965) assistente di  Bruni dal 1921, poi chiamato a Pavia al posto di Giorgio Errera che era stato “dispensato” dal servizio per non aver presto nel 1929 il giuramento di fedeltà al fascismo. Levi aderì al fascismo e ne ebbe onori e incarichi, il che non gli evitò di essere dispensato dal servizio in seguito alle leggi razziali. Levi emigrò e ritornò in Italia dopo la Liberazione. Di Levi è stato allievo Renato Curti Magnani (1895-1965) che ha insegnato Merceologia (sempre quella !) a Pavia e ha avuto per successore Vincenzo Riganti, altro merceologo. Altri allievi di Bruni sono stato Giulio Natta (premio Nobel) professore di chimica industriale a Milano, e Mario Rollier (1909-1980), valdese, figura preminente nella Resistenza, nella cui abitazione fu fondato il Movimento Federalista Europeo nel 1943.

Livio Cambi (1885-1968); si era laureato nel 1906 con Ciamician e divenne poi assistente di Angeli a Firenze nel 1908. Ebbe incarichi accademici e, avendo aderito al fascismo, anche cariche nelle attività produttive.

Ho già citato Riccardo Ciusa (1877-965) che è stato assistente di Ciamician fino al 1922. Nel 1924 vinse il concorso alla cattedra di Chimica farmaceutica della Facoltà di Medicina, appena costituita a Bari, dove ha insegnato fino alla pensione, credo nel 1957. A Bari ebbe come assistenti Angelo Mangini (1905-1988), poi trasferito a Padova e poi a Bologna dove creò una vivace scuola di chimici nella Scuola di chimica industriale; Martino Colonna, che seguì Mangini a Bologna; Luigi Musajo (1904-1974) che divenne professore di Chimica farmaceutica a Modena, poi a Padova. Rimasero con Ciusa a Bari Margherita Minchilli (con la quale discussi una delle “tesine”, come era uso quando mi sono laureato nel 1949), la prof. Maria Di Fonzo (la Minchilli e la Di Fonzo erano chiamate affettuosamente da Ciusa “le ragazze” dell’Istituto di Chimica Farmaceutica di Bari) e molti altri che sono, quindi, riconducibili a Ciamician. Fra gli allievi di Mangini si possono ricordare (cito quelli che ho conosciuto personalmente) Renato Andrisano (1916-1978), che si era laureato a Bari con Riccado Ciusa nel 1940 e che fu chiamato a Bologna da Mangini; e poi Giuseppe Leandri (che insegnò per alcuni anni a Bari prima di essere chiamato di nuovo da Mangini a Bologna), P.E. Todesco e molti altri.

Bruno Ghetti; l’ho trovato citato soltanto come autore di un libro di “Lezioni” di Ciamician.

Luigi Mascarelli (1877-1941) si è laureato nel 1900, ha ottenuto la libera docenza nel 1907 e nel 1913 è stato chiamato come professore di Chimica farmaceutica a Cagliari; da questa sede fu trasferito a Torino nel 1918 dove si occupò anche di consulenze industriali. Non ho trovato lavori di Ciamician in cui figura anche il suo nome.

Drammatica è la storia umana di Leone Maurizio Padoa (1881-1944) ben ricostruita dal prof. Valerio Marchetti  negli atti del convegno del 2004 in ricordo dello stesso prof. Padoa. Nato a Bologna, Padoa fu assistente di Ciamician dal 1905 al 1920 quando, vincitore di concorso, fu chiamato come professore straordinario a Cagliari da cui fu chiamato all’Università di Padova nel 1921. Nel 1924, come professore ordinario, fu chiamato alla cattedra di chimica industriale a Bologna. Qui comincia l’intricata storia politico-amministrativa del prof. Padoa. Nel 1925, forse neanche senza particolare convinzione, aveva firmato il “Manifesto” redatto da Benedetto Croce, in risposta al “Manifesto” di Giovanni Gentile approvato al congresso degli intellettuali fascisti. Per questo gesto gli venne ritirata la tessera del partito fascista, ma nel 1931 non si sottrasse al giuramento di fedeltà al regime, sottoscritto da tutti i professori universitari ad eccezione di undici (fra cui il già ricordato Giorgio Errera (1860-1933). Gli anni trenta furono segnati per Padoa da una lunga controversia, amministrativa, relativa alla costruzione della nuova sede della Facoltà di Chimica industriale di Bologna, alimentata da un assistente Celestino Ficai (1894-1971) “ottimo fascista”, protetto e sostenuto da Achille Starace; nel 1936 Padoa fu sospeso dall’insegnamento; nel 1937 la sospensione fu revocata ma Padoa fu  trasferito all’Università di Modena; poi fu dispensato dall’insegnamento dopo le leggi razziali del 1938, poi fu reintegrato in servizio e poi nel 1941 fu definitivamente sospeso dall’insegnamento e si dedicò alla famiglia e alla cura della sua campagna. Nei successivi anni tempestosi visse a Bologna fino all’aprile del 1944 quando fu prelevato dalle SS naziste, trasferito nel campo di concentramento di transito di Merano poi in quello di Auschwitz dove fu assassinato.

Giuseppe Plancher (1870-1929) è stato assistente di Ciamician dal 1895 al 1906; libero docente in Chimica Generale nel 1900 fu chiamato nel 1906 come professore straordinario di Chimica farmaceutica nell’Università di Palermo. Nel 1907 si trasferì da Palermo  a Parma (anche allora, evidentemente, i cattedratici cercavano di venire via dalle sedi meridionali per trasferirsi vicino a casa, nel Nord) nel 1920 passò alla Cattedra di chimica farmaceutica di Bologna dopo la morte del titolare Leone Pesci. Charrier, che ha scritto la sua biografia nel 1929, ci tenne a ricordare che Plancher, come sindaco di Fontevivo parmense, assicurò la più viva opposizione alla marea socialista paurosamente avanzante e si pose fin dai primi tempi nei ranghi del fascismo del cui regime fu sempre convinto e fedele seguace (applausi a).

Drammatica fu anche la storia di Ciro Ravenna (1878-1944); molti lavori di Ciamician dal 1909 in avanti portano anche il nome di Ravenna; si tratta in genere di lavori sulle componenti organiche di piante e vegetali: Ravenna vinse il concorso alla cattedra di Chimica agraria di Pisa; fu licenziato in seguito alle leggi razziali nel 1938 e si dedicò, con passione e dignità, all’insegnamento di corsi universitari  nella Scuola Ebraica di Via Eupili, a Milano (come è noto, per il vergognoso decreto 1390 del 5 settembre 1938 gli Ebrei non potevano frequentare né insegnare in scuole pubbliche); durante la Repubblica di Salò Ravenna fu catturato dai tedeschi e deportato ad Auschwitz dove fu assassinato, come era successo a Padoa.

Di Giuseppe Testoni (1877-1857) ho già fatto un breve cenno: non so quanto a lungo sia stato a lavorare con Ciamician; nella bibliografia pubblicata da Secchi non vedo nessun lavoro col suo nome); Testoni vinse il concorso alla cattedra di Merceologia di Bari nel 1928 e rimase in quella Università fino al 1931; insegnò poi due anni a Trieste, dal 1931 al 1933 e infine fu trasferito a Bologna dove ha insegnato Merceologia dal 1933 al 1947, avendo come assistente Walter Ciusa. Per quel poco che ricordo Testoni era un alto grado della massoneria.

Abbastanza curiosamente nessun di questi allievi ha coperto la cattedra di Chimica a Bologna; il successore di Ciamician fu Mario Betti (1875-1942) che veniva da Firenze e Genova, a cui successe Giovan Battista Bonino (1899-1985) e poi vennero altri fino a Vincenzo Balzani che ha ripreso l’interesse di Ciamician per la fotochimica e l’energia solare.

La prima età dell’oro dell’energia solare (1850-1915)

Molti altri hanno esposto i contributi scientifici di Ciamician. Fondamentali sono gli studi sul pirrolo, la strana molecola che la natura ha voluto, non è chiaro perché, mettere come pietra miliare della vita vegetale e animale nella clorofilla e nell’emoglobina.

Spero che il lettore mi perdonerà se mi soffermerò un poco di più sul contributo dato da Ciamician all’energia solare, anche perché, forse sollecitato da quello che sapevo di Ciamician, il tema ha attratto anche me per molti anni. Ciamician è giustamente considerato come padre dell’energia solare, soprattutto per i suoi contributi alla fotochimica e alla comprensione della fotosintesi, ben illustrati nella sua prolusione all’anno accademico 1903-1904, nella conferenza tenuta a Parigi nel 1908 e in quella tenuta alla riunione dell’ottavo congresso di chimica applicata a New York nel 1912, pubblicata in inglese nella rivista americana Science (del 27 settembre 1912) e in francese nella rivista Science di Bologna. Con questi contributi Ciamician si è inserito di autorità nel clima dei fermenti scientifici internazionali del tempo, secondo cui proprio dal Sole avrebbero potuto aprirsi nuove strade per risolvere i problemi umani, specialmente quelli dell’energia e dell’inquinamento.

Gli anni in cui Ciamician scriveva sulle prospettive dell’energia solare si potrebbero considerare la prima “età dell’oro” di questa fonte di energia. Alla fine del XIX secolo la società industriale dipendeva dal carbone, usato in quantità così rilevante da far temere l’esaurimento delle sue riserve, un po’ come adesso l’energia solare risorge sul timore dell’esaurimento delle riserve di petrolio. Di una possibile futura scarsità del carbone aveva parlato l’economista inglese Stanley Jevons (1835-1882) nel libro ”The coal question”, pubblicato nel 1865 e 1888 (una terza edizione sarebbe apparsa nel 1906).

Al Sole come fonte di energia stavano guardando in tanti, sia come surrogato del carbone, sia nella prospettiva di sviluppo di attività economiche nelle colonie africane.
Nel 1863 il fisico italiano Antonio Pacinotti (1841-1912) aveva pubblicato le sue prime osservazioni sull’effetto fotovoltaico e termoelettrico, di cui suggerì l’applicazione per la produzione di elettricità dal Sole.

Il francese August Mouchot (1825-1912) negli anni 60 e 70 dell’Ottocento costruì delle macchine con le quali, mediante specchi, produceva vapore che alimentava un motore; tale invenzione riscosse una grande attenzione in tutto il mondo; nel 1866 la macchina fu mostrata a Napoleone III che  assegnò un premio all’inventore; una versione perfezionata fu presentata all’Esposizione Universale di Parigi del 1878. Su un altro piano, non ingegneristico, Lev Tostsoi (1828-1910) nel 1873, in un “ragionamento” inserito nei “Quattro libri di lettura”, una delle grandi opere di pedagogia popolare dello scrittore russo, aveva scritto: “Il Sole è calore” e aveva spiegato che dal calore del Sole vengono la legna e il carbone, l’erba e il cibo, il vento e l’acqua che muovono i mulini.

Nel 1872-74 l’ingegnere Charles Wilson aveva costruito nell’altopiano cileno un grande distillatore solare capace di ricavare 4000 litri di acqua dolce al giorno dalle acqua salmastre esistenti sul posto per distillazione col calore solare. Il distillatore, che assicurò acqua potabile agli operai che lavoravano nelle miniere di salnitro, rimase in funzione fino al 1907 ed era un modello “a tetto inclinato” che è rimasto il migliore, fino adesso, pur con nuovi materiali da costruzione, per la produzione di acqua dolce dal mare o dalle acque salmastre con l’energia solare.

Nello stesso 1884 l’americano John Ericsson (1803-1889) aveva costruito un motore solare che aveva attratto molta attenzione in tutto il mondo.

Addirittura lo scrittore di fantascienza Kurt Lasswitz (1848-1910) aveva scritto un romanzo, “Auf zwei Planeten”, nel 1897 in cui si parlava dell’uso dell’energia solare.
Negli stessi anni il fisico Friedrich Kohlrausch (1840-1910) aveva indicato, nel libro “Die Energie der Arbeit” del 1900, l’elettricità ottenuta concentrando il calore solare su macchine termiche, come la fonte di energia che avrebbe liberato “l’uomo” dalla fatica del lavoro.
Il primo decennio del Novecento fu pieno di fermenti e di invenzioni; è del 1903 la prima conferenza di Ciamician, sulla chimica dell’avvenire. Vale la pena di riprodurne alcune righe per mettere a fuoco bene il contributo di Ciamician in relazione ai molti autori, molti dei quali chimici, che hanno trattato il tema dell’energia solare negli anni successivi.

“Appare evidente che la civiltà moderna --- disse Ciamician --- non deve appoggiarsi sopra una sola sorgente d’energia: il carbone fossile. Esso non rappresenta che un’infinitesima parte dell’energia solare, che la terra ha ricevuto nelle passate epoche geologiche e che queste hanno accumulato e conservato alla nostra.
“L’industria ha già incominciato, grazie alla elettrotecnica, a valersi, con la utilizzazione su larga scala delle forze idrauliche, anche dell’energia solare attuale, ma questa va per il resto quasi completamente dispersa e soltanto le piante sono in grado di immagazzinarne una piccolissima porzione. Il problema dell’impiego dell’energia raggiante del sole si impone e s’imporrà anche maggiormente in seguito, per cui l’agricoltura avrà sempre un valore economico di prim’ordine”.

Dopo aver passato in rassegna molti successi della chimica organica sintetica Ciamician continuava: “Il compito più degno dell’industria del nuovo secolo è tentare di imitare i processi vegetali anziché mettersi in concorrenza con essi, Chissà che in avvenire non sia possibile mandare in effetto delle reazioni fotochimiche, come sarebbe la seguente: gli ultimi prodotti della combustione, i rifiuti che le fabbriche mandano  nell’aria, sono l’anidride  carbonica e il vapore acqueo. Dato un opportuno catalizzatore si dovrebbe potere, con la partecipazione dell’energia solare, trasformarli in metano ed ossigeno i quali, bruciando, ridarebbero, naturalmente, in forma di calore tutta l’energia acquistata dal sole. Quando un tale sogno fosse realizzato le industrie sarebbero ricondotte ad un ciclo perfetto, a macchine che produrrebbero lavoro colla forza della luce del giorno, che non costa nulla e non paga tasse !”

Queste parole anticipano e testimoniano il vivace fermento scientifico e intellettuale degli anni di Ciamician. Nel 1909 J.J. Thomson (1856-1940) nella relazione iniziale del Congresso della British Association a Winnipeg, parla del Sole da cui un giorno l’umanità potrà trarre l’energia necessaria alle sue attività. “Quando verrà questo giorno i nostri centri di attività industriale saranno forse trasportati nei roventi deserti del Sahara”.

August Bebel (1840-1913) nella 50a edizione del suo libro “La donna e il socialismo”, del 1909, parla a lungo di un mondo socialista in cui l’energia solare sostituirà la fatica umana e cita Kohlrausch e Thomson. Negli stessi anni si moltiplicano le notizie di invenzioni e macchine solari, attribuite a Clarence Kemp, Aubrey Eneas, Charles Tellier, H.E. Willsie, Frank Shuman (1862-1917) e tanti altri. Nel 1903 Charles Henry Pope (1841-1918) pubblicò un libro intitolato: “Solar heat. Its practical applications”.

Di tutto questo fermento si sente il riflesso nella celebre e citatissima conferenza di Ciamician del 1912 che rappresenta una specie di manifesto delle soluzioni dei problemi energetici e umani, gli stessi con cui ci stiamo confrontando oggi. “L’energia solare non è distribuita in maniera omogenea; vi sono paesi privilegiati e altri che son meno favoriti dal clima. I primi diventeranno prosperi se saremo capaci di utilizzare l’energia del Sole; i paesi tropicali avrebbero così accesso allo sviluppo e la civiltà ritornerebbe così nei paesi in cui è nata. Dove la vegetazione è abbondante la fotochimica può essere utilizzata dalle piante con coltivazioni razionali e la radiazione solare può essere usata a fini industriali. Nelle regioni desertiche, inadatte alle coltivazioni, la fotochimica potrà essere messa al lavoro a fini utili. Nelle terre aride potranno nascere colonie industriali senza fumo e senza camini, selve di tubazioni di vetro si estenderanno nelle pianure e dovunque si eleveranno edifici di vetro nel cui interno potranno svolgersi quei processi fotochimici che finora erano un ben guardato segreto delle piante, ma che l’ingegno e l’attività umana avranno saputo mettere al lavoro in modo che diano frutti anche più abbondanti di quelli della natura, perché la natura non ha fretta mentre hanno fretta gli uomini. E se in un futuro lontano le riserve di carbone si esauriranno completamente, la civiltà non ne sarà rallentata perché durerà fino a che il Sole risplende !” E Ciamician concludeva questo suo scritto con le parole: "Se la nostra nera e nervosa civiltà, basata sul carbone, sarà seguita da una civiltà più quieta, basata sull'utilizzazione dell'energia solare, non ne verrà certo un danno al progresso e alla felicità umana ! La fotochimica del futuro non potrà essere rimandata a tempi troppo lontani; l’industria farà bene a utilizzare fin da adesso tutte le fonti energetiche che la natura offre. Finora sono state utilizzate soltanto le fonti energetiche fossili; non sarà il caso di cominciare a fare un miglior uso dell’energia raggiante ?”.

Il pensiero e l’opera di Ciamician sono continuate nelle centinaia di “allievi”, diretti e indiretti, sparsi per l’Italia, alcuni dei quali forse non si rendono neanche conto di quanto Ciamician abbia influenzato coloro che da lui hanno imparato a sperimentare e insegnare e di quale debito essi abbiano con il lontano studioso. Nello stesso modo le migliaia di persone che operano oggi --- e opereranno in futuro --- nel campo dell’energia solare probabilmente non si rendono conto di quanto anch’essi siano “allievi” dell’intuizione e della preveggenza espresse da Ciamician nei suoi scritti di oltre un secolo fa.


(1) Margherita Venturi (a cura di), “Ciamician, profeta dell’energia solare, Atti del convegno storico-scientifico in occasione della celebrazione del 150° anniversario della nascita di Giacomo Ciamician (1857-1922), Bologna, Università, Istituto chimico G. Ciamician, 16-18 settembre 2007”, Milano, Fondazione Eni Enrico Mattei, s.d. (ma 2009)
 

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