domenica 28 aprile 2013

SM 3548 -- Il giallo del DNA

La Gazzetta del Mezzogiorno, domenica 28 aprile 2013

Giorgio Nebbia  nebbia@quipo.it

Il DNA, acido desosssi-ribonucleico, è una strana molecola formata dalla combinazione di
quattro molecole azotate, dette “basi”, con uno zucchero a cinque atomi di carbonio, il ribosio e con molecole di acido fosforico. Immaginate (i colleghi chimici mi perdonino la grossolanità della descrizione) una lunghissima catena costituita da una successione di molecole di uno zucchero con cinque atomi di carbonio, il ribosio, dotato di tre “ganci” a cui possono attaccarsi, altre molecole. A uno dei ganci si unisce una molecola di acido fosforico attaccata ad un'altra molecola di ribosio, al secondo si aggancia un’altra molecola di acido fosforico a sua volta attaccata a un’altra molecola di ribosio e al terzo gancio è attaccata una delle “basi” che, in un certo senso, penzola fuori dalla catena di molecole di ribosio e acido fosforico.

La natura di questa complicata molecola fu chiarita negli anni venti e trenta del Novecento da vari studiosi, che identificarono le quattro “basi” nelle molecole di adenina (A), timina (T), guanina (G) e citosina (C), solo queste quattro in qualsiasi molecola di DNA estratto dalle cellule di qualsiasi vegetale o animale. Era chiaro che il DNA doveva avere un ruolo importante nei fenomeni vitali ma restava misterioso il modo in cui questa complessa struttura poteva stare insieme. Il chimico americano Linus Pauling studiava da tempo le proteine e aveva suggerito che i vari amminoacidi che le compongono si disponessero in una struttura a spirale, “a elica”, e suggerì che anche le molecola dei vari DNA potessero avere una disposizione “a elica”. Era l’inizio di un’avventura scientifica e anche di un giallo colorato di politica, di gelosie accademiche e di ingiustizie..

Il 25 aprile 1953, sessant’anni fa, appariva nella rivista scientifica inglese “Nature” un articolo di appena due colonne in cui veniva annunciata la scoperta che le molecole del DNA (acido desossiribo-nucleico), una lunga catena di milioni di atomi attorcigliati a spirale, si dispongono nello spazio in coppia, in forma di “doppia elica”, in cui ciascuna delle molecole azotate, le “basi”, di ciascuna spirale si lega con un’altra base dell’altra spirale. “Doppia elica”, queste due parole sarebbero diventate poi popolarissime perché assicurarono agli scopritori, James Watson e Francis Crick (1916-2004), biologi dell’Università inglese di Cambridge, il premio Nobel e perché furono il titolo di un fortunato libro di Watson, anche se entrarono in un piccolo “giallo” accademico-politico-scientifico.

A dire la verità già l’anno prima l’americano Linus Pauling (1901-1994) aveva suggerito che le molecole del DNA potessero essere disposte ad elica, anzi che le eliche potessero essere due affiancate, e qualche cosa di simile era emerso dall’esame, con la diffrazione dei raggi X, di una molecola di DNA condotta nel 1951 (le date sono importanti in questo “giallo”) da Rosalind Franklin (1920-1958), una studiosa del King’s College di Londra. La Franklin ne parlò nel novembre 1951 nel corso di una conferenza a cui era presente Watson, un ventitreenne zoologo dell’Università inglese di Cambridge, che ne discusse con il collega Francis Crick, il quale pure si interessava di DNA. Nel maggio 1952 Pauling aveva progettato un viaggio in Inghilterra dove avrebbe potuto incontrare la Franklin, vedere le famose fotografie del DNA ai raggi X e riconoscere per primo l’esistenza della “doppia elica” del DNA.

E qui nel giallo interviene la politica: Pauling era, oltre che un chimico famoso, anche un attivista della lotta contro le armi atomiche e per i diritti civili; indagato dalla Commissione governativa sulle attività antiamericane era classificato “un comunista” e gli fu perciò negato il visto per l’Inghilterra. Questa stupidità fece perdere agli Stati Uniti e alla scienza mondiale l’occasione di anticipare di un anno la scoperta della vera struttura della molecola della vita. Nel gennaio 1953 Pauling incaricò il figlio, che studiava a Cambridge, di far leggere alla Franklin una bozza della sua idea dell’esistenza della doppia elica. Qui nel giallo si inseriscono problemi di caratteri: la Franklin respinse l’idea di Pauling e continuò le sue analisi del DNA ai raggi X. Da una delle sue nuove fotografie appariva chiara la natura di ”doppia elica” del DNA.

Maurice Wilkins (1916-2004) del King’s College, un collega della Franklin con cui peraltro era in pessimi rapporti, consegnò, a insaputa dell’interessata, la famosa fotografia al collega di Cambridge Watson, che la esaminò con Crick.. Il 17 marzo 1953 la Franklin aveva preparato la bozza di un articolo in cui era descritto il carattere di “doppia elica” del DNA, ma, in questa aperta concorrenza fra gli studiosi delle due Università britanniche, Watson e Crick furono “più svelti” e il 2 aprile inviarono alla rivista “Nature” un articolo dello stesso contenuto, quello che apparve nello storico fascicolo datato 25 aprile 1953. In maniera poco generosa verso gli altri studiosi, se la cavarono con una breve frase: “Siamo stati stimolati dalla conoscenza di carattere generale di un articolo inedito con i risultati sperimentali e le idee dei dottori Wilkins, Franklin e collaboratori del King’s College di Londra”.

L’articolo della Franklin, col nome del suo studente Gosling, apparve successivamente. Per la scoperta della “doppia elica”, Watson, Crick e Wilkins ricevettero il premio Nobel per la medicina nel 1962. Nella conferenza di accettazione del premio Nobel, Watson e Crick non citarono il lavoro della Franklin e solo Wilkins ne fece un cenno. In questo giallo la pagina finale riguarda la povera Franklin: un po’ perché era ebrea e un po’ perché era una donna, il suo contributo fondamentale alla scoperta della doppia elica è stato messo in ombra ed è stata esclusa dal premio Nobel che avrebbe meritato al pari, e anche più degli altri tre “eroi” di questa storia. La Franklin morì nel 1958, per un tumore forse dovuto all’eccessiva esposizione ai raggi X per tanti anni, durante il suo lavoro di cristallografia.

Voi direte: come si fa a conoscere questi particolari, pettegolezzi e retroscena, pur così importanti trattandosi di una delle più grandi scoperte del secolo scorso ? Fortunatamente Pauling ha conservato tutte le proprie lettere, i manoscritti, gli appunti e li ha donati alla Università dell’Oregon, lo stato americano in cui era nato. E l’Università ha trascritto in forma telematica e reso accessibile a chiunque, in Internet, il gigantesco archivio di Pauling. Un esempio dell’importanza di conservare, catalogare e rendere pubblici i documenti di studiosi, tanto da indurre a pensare quanto sarebbero opportune simili iniziative anche in Italia. Altre notizie sono poi disponibili sulla base dei documenti dei premi Nobel assegnati a Watson, Crick e Wilkins, in rete anche questi grazie alla Fondazione Nobel, e si trovano poi nelle varie biografie dei protagonisti. Che vanno lette con cautela perché la, pur umanissima, debolezza di amplificare il proprio merito anche a scapito di quelli di altri, ha talvolta distorto il racconto dei fatti.

Mi perdonerete se vi ho annoiato con tanti dettagli e tanta chimica, ma le scoperte delle proprietà del DNA hanno davvero avuto una importanza rivoluzionaria. Il DNA contribuisce alla formazione delle proteine fornendo altre molecole “capaci”, con un sorprendente meccanismo, di mettere in un ordine sempre uguale, tutti in fila, per ciascuna cellula di ciascun organismo vivente, e tutti in un ordine diverso da un organismo all’altro, gli amminoacidi che costituiscono le proteine, da quelle del sangue a quelle del glutine della farina a quelle delle ali delle farfalle. Infine ogni essere vivente ha una sua unica molecola.del DNA, così specifica che attraverso l’analisi di come sono disposte le varie “basi”, le quattro molecole azotate legate ad uno zucchero fosforilato, presenti nelle cellule, è possibile riconoscere a chi appartiene anche un pur piccolo frammento di pelle o di saliva, come sanno gli appassionati dei grandi crimini o delle indagini poliziesche.

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