l'Unità, 29 giugno 1989
Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it
Il carbone è
un combustibile fossile nero e solido, costituito da grandi molecole organiche,
molto complicate, contenenti, in media, un atomo di idrogeno ogni due atomi di
carbonio, insieme a piccole quantità di altri elementi, fra cui zolfo e azoto.
Il carbone è andato bene come combustibile per impianti fissi e per le caldaie
di treni e navi, per i primi due secoli della rivoluzione industriale, fino
alla seconda metà del 1800.
Dopo il 1850
il versiliese Barsanti e il tedesco Otto inventarono dei motori più piccoli, a
combustione interna, che potevano essere utilizzati anche su veicoli mobili, ma
che funzionavano soltanto con combustibili liquidi, come l'alcol etilico,
peraltro costoso, oppure con i nuovi composti ricavabili dalla distillazione
del petrolio. Questi ultimi, divenuti disponibili commercialmente dopo il 1870,
sono costituiti da idrocarburi, composti liquidi contenenti circa due atomi di
idrogeno per ogni atomo di carbonio, insieme, come al solito, a vari altri
elementi.
Fra gli
ultimi anni del 1800 e i primi anni del 1900 la richiesta di combustibili
liquidi aumentò rapidamente e il baricentro del potere energetico cominciò a
slittare dal triangolo del carbone (Francia, Germania, Inghilterra) ai paesi
petroliferi (Stati Uniti e Russia).
Le crescenti
ambizioni imperialiste della Germania fra la fine del 1800 e nei primi anni del
1900 avrebbero potuto essere realizzate soltanto se la Germania avesse avuto a
disposizione anche una fonte regolare di idrocarburi liquidi. Troppo lontani e
inaffidabili i giacimenti petroliferi russi del Mar Caspio e quelli romeni, non
restava che tentare di trasformare il carbone in idrocarburi.
Se la
differenza fra combustibili solidi e quelli liquidi dipendeva principalmente
dalla quantità di idrogeno presente, la via più semplice appariva il
trattamento del carbone con idrogeno, un'operazione che riesce soltanto ad alta
pressione. Ebbene, proprio nei primi anni del 1900 in Germania erano stati
messi a punto dei processi di sintesi chimica sotto alte pressioni e in
presenza di catalizzatori (sostanze che non intervengono nelle reazioni, ma ne
fanno aumentare la velocità e quindi fanno aumentare la resa dei prodotti
cercati).
L'idrogenazione
del carbone fu avviata in un momento in cui grandi scienziati collaboravano con
la grande industria per trasferire rapidamente le proprie scoperte sul piano
commerciale e in cui un potere politico autoritario era disposto a finanziare
le realizzazioni delle basi tecnico-scientifiche della imminente economia di
guerra.
In questo
ambiente politico-culturale, sulla idrogenazione del carbone si buttò Friedrich
Bergius, un giovanotto di ventisei anni (era nato nel 1884), figlio di un
piccolo imprenditore dell'alluminio, laureato in chimica e reduce dalla
permanenza nei laboratori di Nernst a Berlino e di Haber a Karlsruhe, due
giganti delle sintesi chimiche, premi Nobel, rispettivamente, nel 1920 e nel
1918. Bergius aprì, nel 1920, un proprio laboratorio ad Hannover e cominciò a
scoprire che il trattamento con idrogeno delle frazioni pesanti del petrolio
forniva grandi quantità di quella benzina che era sempre più richiesta dalla
nascente industria automobilistica e aeronautica.
Il passo
successivo fu il trattamento con idrogeno del carbone. Al Congresso
internazionale di chimica applicata di New York del 1912 Bergius riferì di
essere riuscito a trasformare il carbone, per idrogenazione sotto pressione, in
idrocarburi e prodotti catramosi liquidi, con una notevole resa di composti
aromatici (molecole in cui sei atomi di carbonio sono uniti ad anello fra
loro). Soltanto nel 1925 sarebbe stato scoperto che il carbone è effettivamente
costituito in gran parte da macromolecole a struttura "aromatica".
Il primo
brevetto di Bergius sulla idrogenazione del carbone porta la data del maggio
1913; l'inventore aveva appena ventinove anni. Nell'estate del 1914, alla
vigilia della prima guerra mondiale, Bergius aveva trovato le condizioni per
avviare la produzione industriale di idrocarburi dal carbone.
La
produzione vera e propria si scontrò, negli anni della guerra 1914-1919, con
difficoltà tecniche e mancanza di fondi. L'inflazione della Germania sconfitta
rese ancora più difficile trovare finanziamenti per la "benzina
sintetica"; Bergius, con incrollabile fede, cercò capitali stranieri e
avviò l'idrogenazione del carbone su scala industriale in una fabbrica a
Rheinau nella prima metà degli anni venti del Novecento.
Nel 1925 lo
sviluppo su larga scala del processo Bergius fu assunto dalla BASF (Badische
Anilin und Soda Fabrik), uno dei più grandi complessi chimici del mondo; il 9
dicembre 1925 la BASF si fuse con altre sette società chimiche tedesche dando
vita al gruppo IG Farben. Alla IG Farben Bergius potè lavorare con Carl Bosch,
uno degli inventori della sintesi sotto pressione dell'ammoniaca che aveva
assicurato alla Germania, per tutto il periodo della prima guerra mondiale,
concimi e esplosivi ricavati dal carbone.
La prima
grande fabbrica di benzina sintetica fu costruita nell'aprile 1927 a Leuna e
nel 1931 era in grado di produrre 300.000 tonnellate di idrocarburi all'anno.
Nello stesso 1931 Bergius e Bosch ottennero il premio Nobel per la chimica.
Conquitstato
il potere nel 1933, Hitler capì che il suo progetto imperialista di guerra e di
conquista mondiale aveva bisogno di una potente industria chimica, capace di
produrre esplosivi, concimi, gomma sintetica e benzina sintetica dall'unica
materia prima abbondante in Germania, il carbone. Hitler corteggiò i grandi
capitalisti tedeschi e assicurò elevati profitti a chi avesse favorito i suoi
progetti militari. Nel 1944 funzionavano in Germania dodici stabilimenti di
idrogenazione del carbone con una produzione di oltre tre milioni di tonnellate
all'anno di benzina, fra cui benzina da aviazione ad alto numero di ottano.
Ma il
successo tecnico-scientifico e i profitti dei capitalisti complici di Hitler
erano costruiti sul sangue; nel caso delle fabbriche di benzina sintetica ---
come in quelle di benzina sintetica, di armi, di meccanica, di missili --- si
trattava del sangue dei prigionieri e degli ebrei rastrellati in tutti i paesi
occupati e impiegati come mano d'opera schiava.
La
conferenza di Potsdam del luglio 1945 vietò ai tedeschi di produrre benzina
sintetica e nell'aprile 1949 fu ordinata la distruzione delle fabbriche
esistenti. In quello stesso 1949 con l'avventura della benzina sintetica si
chiudeva anche la vita del suo inventore Bergius. Alcuni stabilimenti furono
trasformati in raffinerie di petrolio, ma la vera morte della benzina sintetica
fu dovuta alla crescente abbondanza di petrolio a basso prezzo nel mondo, dopo
la seconda guerra mondiale.
Oggi l'unica
grande fabbrica di benzina sintetica si trova nel Sud Africa e funziona con un
processo messo a punto nel 1925 dai chimici tedeschi Fischer e Tropsch; esso
consiste nella trasformaziona dapprima del carbone in una miscela dei gas
ossido di carbonio e idrogeno, che sono poi ricombinati con aggiunta di altro
idrogeno e trasformati in idrocarburi liquidi.
L'invenzione
della benzina sintetica ebbe un'eccezionale risonanza in tutto il mondo; le
compagnie petrolifere americane scambiarono brevetti, anche durante il
periodonazista, con la IG Farben. Una fabbrica per ottenere benzina sintetica
dall'idrogenazione dei bitumi albanesi fu costruita a Bari nel 1939 dalla
societa' ANIC, il cui nome è, appunto, l'abbreviazione di Azienda Nazionale
Idrogenazione Combustibili.
Gli anglo
americani da una parte e i russi dall'altra mandarono in Germania squadre di
scienziati-soldati che affiancavano, o addirittura ancipavano l'avanzata delle
truppe di occupazione per impedire la distruzione delle fabbriche, far
prigionieri i tecnici e per sequestrare la documentazione tecnica che è poi
finita negli archivi americani e, probabilmente, sovietici.
Dopo il
1973, quando si ebbe il primo aumento del prezzo del petrolio, il governo
americano ordinò una ricognizione dei documenti dell'industria di guerra
tedesca per cercare eventuali "segreti" nel campo della produzione
della benzina sintetica dal carbone. Un riesame dell'enorme materiale degli
archivi non indicò l'esistenza di particolari innovazioni utilizzabili nella
nuova era di petrolio scarso e costoso. Tuttavia la ricostruzione della storia
della benzina sintetica ha permesso di gettare nuova luce su un dimenticato
capitolo dei rapporti fra potere politico pre-nazista e nazista, scienziati al
"servizio" della patria e degli industriali,
e
capitalismo tedesco.
La possibile
esistenza di processi segreti nazisti per la benzina sintetica ha ispirato il
romanzo di Steve Shagan, "La formula", del 1979 (tradotto anche in
italiano da Rizzoli), da cui è stato tratto un celebre film omonimo.
Un racconto
basato sull'intreccio fra potere economico, scienza e potere militare prima e
durante il nazismo, in Germania, ha ispirato lo sceneggiato televisivo
"Padri e figli", trasmesso anche in Italia nel 1987: una delle grandi
famiglie di capitalisti dell'industria chimica si illude di poter trattare con
Hitler offrendo le proprie invenzioni, fra cui appunto quella della benzina
sintetica, e poi viene travolta e diventa complice di un potere spietato.
La storia
dell'idrogenazione del carbone induce a prestare più attenzione a questo
combustibile di cui esistono, nel mondo, riserve per 10 mila miliardi di
tonnellate, un
miliardo
delle quali anche in Italia, in Sardegna.
Davanti al
trionfo del petrolio la scienza e la chimica del carbone sono passate nel
dimenticatoio e il carbone viene usato in maniera offensiva per l'ambiente. Un
rilancio della cultura, della chimica e della merceologia del carbone, anche di
quello di cattiva qualità come le ligniti sarde, potrebbe aprire nuove vie per
usare bene, in maniera ecologicamente compatibile, un combustibile che è pur
sempre il più abbondante del pianeta.
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